L'indiano metropolitano #2 - Podemos al governo, l'incubo Blissett e lo sciopero del biglietto di Dp
Questo rimane un porto franco in zona rossa
Eccoci qui per la prima vera newsletter, nel senso che stavolta vi arriva in automatico dopo la vostra iscrizione della settimana scorsa. Vi ringrazio per la fiducia. Comunque confido che questo non diventi uno spazio unidirezionale, piuttosto aperto alla discussione e a chiunque.
Newsletter numero 2
Come sta andando Podemos al governo?
Luther Blisset, il terrore in redazione
Memorabilia: Dp e lo sciopero del biglietto
Come sta andando Podemos al governo?
Dopo la nascita nel 2014 e l’impetuosa ascesa del partito figlio delle piazze degli indignados in Spagna, di Podemos si era parlato e scritto moltissimo. Assieme all’amico e collega Giacomo Russo Spena lavorammo ad un saggio-reportage uscito a distanza di pochi mesi dalla sua fondazione (Podemos. La sinistra spagnola oltre la sinistra, edizioni Alegre, 2014).
L’esperimento era oggettivamente unico al mondo: un mix tra populismo e socialismo radicale, l’utilizzo del web per i processi organizzativi e decisionali, una capacità comunicativa di impatto e la ricerca di radicamento territoriale con modelli di partecipazione più aperti; e poi un’età media di adesione molto bassa, con un gruppo dirigente composto in buona parte da under 35.
Passato qualche anno, il progetto si è istituzionalizzato e il partito liquido nato a ridosso delle Europee come lista con nel simbolo la faccia di Pablo Iglesias (a proposito di personalismo…) non è più tale. Assieme a Izquierda Unida - federazione di comunisti, verdi e altre sigle - c’è ormai una coabitazione formale in Unidas Podemos. Unidas, al femminile, a rimarcarne l’impronta femminista. Ma soprattutto, alla fine Podemos è andata al governo assieme ai socialisti del Psoe, meno di un anno fa. Un accordo storico che ha dato alla Spagna l’esecutivo più a sinistra di sempre, perlomeno sulla carta; il primo governo di coalizione dopo la transizione alla democrazia, visto che il sistema per decenni era stato bipolare: socialisti a sinistra e popolari a destra.

Ho posto la domanda - insomma, come sta andando lì? - a Steven Forti, professore di Storia contemporanea a Barcellona ferratissimo sulla materia e con il pregio di osservare le cose con il giusto equilibrio tra speranza e spirito critico; e a Francesco Olivo, giornalista alla redazione Esteri della Stampa che da anni si occupa di cose spagnole con grande professionalità e con uno sguardo mai banale, non da inviato “seduto”.
Il contesto iniziale, innanzitutto. «Per adesso l’equilibrio tra lotta e governo - spiega Olivo - è stato il patto tra Pedro Sànchez e Pablo Iglesias, che al di là dei punti programmatici prevedeva che Podemos non entrasse nelle cosiddette “questioni di Stato”, prima fra tutte il conflitto catalano: ad esempio Podemos ha sostenuto per anni il referendum di autodeterminazione, argomento tabù in Spagna. Così nel tavolo negoziale tra governo centrale e quello catalano Podemos non è praticamente intervenuto».
Sul fronte pandemia i parallelismi tra Spagna e Italia sono diversi per numero di contagi, decessi, per la natura delle chiusure generalizzate e relative ripercussioni economiche. «Nel caso spagnolo, le previsioni di caduta del Pil sono anche maggiori - dice Forti - perché è un’economia più fragile che si basa su mattone e turismo. Nel 2008 scoppiò la bolla immobiliare, stavolta è il turismo a subire il colpo peggiore».
Il governo ha dovuto fronteggiare l’emergenza due soli mesi dopo l’inizio della propria avventura; un esecutivo che peraltro non ha una maggioranza vera e propria e che deve di volta poggiarsi su formazioni basche, altri partiti minori regionalisti e infine sull’astensione dei catalani. Unidas Podemos conta cinque ministri, di cui uno (Iglesias) è anche vicepremier, oltre a 35 deputati.
Il programma di governo era ambizioso (qui lo si descriveva un po’) ma ovviamente il covid ha modificato l’ordine delle priorità. Sono stati raggiunti comunque dei risultati: «Targato Podemos c’è l’ingreso minimo vital, una specie di reddito minimo garantito, lo ottengono 850 mila famiglia, un sussidio dai 400 ai mille euro al mese, soldi che vanno a ridare fiato ai settori più deboli della società», spiega Forti.
E ancora: un accordo sugli affitti per calmierare i prezzi specialmente nelle grandi città dove il turismo ne sta(va) cambiando la faccia, premiando la rendita a scapito del resto.
Aumenta la tassazione dal 45 al 47 per cento per i redditi sopra i 300 mila euro, dal 23 al 26 per quelli oltre i 200 mila. Si tratta di un compromesso: Podemos chiedeva lo scatto a 90 mila euro, poi con l’accordo di governo con il Psoe a inizio anno si era arrivati a 130 mila euro, poi alzati ancora a 200 mila.
Va infine registrato il varo di una legge per la parità di genere nel mondo del lavoro e infine un’altra sulla memoria storica, che aggiorna e amplia quella del 2007 voluta dall’allora presidente José Luis Zapatero. Non è un’operazione simbolica: prevede un grande lavoro di riconoscimento dei corpi nelle fosse comuni e i risarcimenti ai familiari delle vittime del regime fascista di Francisco Franco, così anche l’annullamento delle sentenze dei tribunali franchisti contro repubblicani e oppositori.
Oggi i sondaggi consegnano un quadro di sostanziale tenuta dei risultati elettorali dello scorso anno: qualche percentuale in meno per Podemos, qualcosa in più per i socialisti. Il premier Sánchez ha un indice di gradimento medio-basso ma resta comunque il leader col maggior consenso personale di tutto l’arco politico.
«Rimane sullo sfondo la questione catalana, vera spada di Damocle per l’esecutivo con mille variabili - ragiona Forti - Inoltre teniamo conto che la politica spagnola non era abituata a dei governi di coalizione, cosa invece normalissima in Italia. Podemos ha poi dei problemi interni con l’area anti-capitalista e di origine trozkista, ed esterni a causa del pressing mediatico e di una parte di magistratura contro un soggetto comunque percepito come anti-sistema».
Ecco, i problemi “esterni”. Qui Olivo racconta come «uno degli aspetti più interessanti di questo anno scarso di governo, è la reazione isterica di parte della società spagnola alla presenza di Podemos nell'esecutivo, che è diventato “comunista bolivariano” nel linguaggio corrente della stampa conservatrice. Sin dalla sua formazione parte della destra ha definito illegittimo il governo di Sànchez, per la presenza di Iglesias come vicepresidente e per essere stato sostenuto dai partiti nazionalisti catalani e baschi. Davanti casa di Iglesias e della compagna Irene Montero, ministra e numero 2 del partito, ci sono perennemente manifestazioni dell’estrema destra. La famiglia, con tre bambini, è stata presa di mira durante le vacanze nelle Asturie, costringendola a tornare a Madrid. Insomma, Podemos scatena un odio quasi atavico, che andrebbe studiato». Non solo, Olivo conferma l’ostilità del sistema giudizario verso il partito: «C’è una parte della magistratura che, con la complicità di settori di polizia e stampa, tenta da anni di incastrarlo con inchieste che il più delle volte, dopo grandi scandali mediatici, non hanno portato a nulla. È il caso, probabilmente, del cosiddetto caso Dina, una brutta storia di spionaggio politico ai danni di Podemos, diventato, con una acrobazia giuridica, un’inchiesta che vede indagato Pablo Iglesias».
La via, come si suol dire, è stretta. La sinistra radicale che arriva al governo si trova sistematicamente di fronte agli stessi problemi: la gradualità del cambiamento cozza con i grandi ideali; governare non significa necessariamente avere il potere; la relazione con gli alleati più moderati è sempre lacerante e questi ultimi sembrano sempre avere maggiore capacità nel manovrare le leve del comando. «Dato il contesto emergenziale e anche la risicatissima maggioranza, il mio giudizio dell’azione di Podemos è sicuramente positivo. Ma l’ulteriore sfida sarà il come fronteggiare il dramma sociale alle porte», chiosa Forti.
Vi consiglio infine la lettura di questa analisi su Jacobin di Juan Carlos Monedero, professore di Scienze politiche a Madrid. Di Podemos è stato fondatore e segretario nella primissima fase (in Italia nel 2015 uscì per Feltrinelli un saggio appassionato, Corso urgente di politica per gente decente). Nella sua ampia riflessione, Monedero sottolinea che comunque quanto fatto sinora «non abolisce né il capitalismo, né il patriarcato, né il colonialismo. Però sono, con ogni evidenza, degli avanzamenti che migliorano la vita di milioni di persone» .
Luther Blissett, il terrore in redazione
Il documentario di Dario Tepedino e che trovate qui sotto (purtroppo fino a domenica era visibile integrale, ho quindi allegato il trailer) racconta gli albori del collettivo con base a Bologna “Luther Blissett”, dal nome dell’attaccante inglese che fu per una stagione al Milan e che si fece ricordare per le caterve di gol sbagliati.
Siamo nei primi anni ‘90, il must del gruppo fu la fabbricazione di false notizie con uno scopo ben preciso: dimostrare che il linguaggio dell'informazione era (è) simile a quello della fiction; nella speranza che svelando l’inganno dopo aver scatenato psicosi collettive, i lettori cominciassero a guardare la tv e leggere i giornali mantendendo uno spirito critico. Chi sono i Luther Blissett? Tutti e nessuno, diventa un nome multiplo aperto a chiunque, le azioni si fanno e si rivendicano col nome del calciatore, il potere non capisce e lo si svia. Chi è Luther Blissett? «Era un militante stanco della militanza che cercava in termini collettivi di rinnovare i motivi del proprio essere un militante», ricorda Luca Di Meo nel film.
La controguerriglia mediatica raggiunge inaspettate vette dell’assurdo, come quando il collettivo tira avanti per mesi sui quotidiani locali del viterbese una storia di messe nere, seminando finte tracce sacrificali, inviando un falso vhs satanista alla redazione, e addirittura inventando un’associazione anti-satanista che a sua volta invitava alla vigilanza spirituale e riempiva altre pagine di cronaca. La storia arriva fino al Tg5.
Il surreale come arma di lotta, il sabotaggio dei media attraverso bufale architettate ad arte. Controcultura e controinformazione. La critica al sistema avviene utilizzando i suoi stessi codici e le sue stesse debolezze, come un gioco di specchi. Con i cento, mille e nessuno Luther Blissett in giro, le redazioni vivono il terrore di pubblicare notizie verosimili eppure false. È la vendetta dei falliti, dai perdenti, dagli esclusi.
Fin qui la storia, affascinante. Ripensandola al presente, vien da dire che ci hanno rubato anche le fake news (allora non si chiamavano così). La menzogna palese è ormai strumento di consenso della destra a livello mondiale, che non la utilizza a mo’ di critica dei mass-media, ma per sfruttare a proprio vantaggio vizi e pigrizie dell’informazione. Non si sparge più la psicosi nella speranza di aprire gli occhi, ma per offuscarli ancora di più.
Memorabilia #2
Questo sticker mi è stato regalato anni fa da Riccardo Romanelli, uno dei segretari di redazione milanese di Repubblica (a proposito: è andato in pensione da poco e si dice molto felice della nuova vita).
Democrazia proletaria a Milano aveva un ottimo radicamento - in alcune elezioni riuscì a toccare anche il 4 per cento - che non era solo elettorale. Penso che il materiale di propaganda dovesse servire ad essere appiccicato fuori dalle stazioni della metropolitana; sul piano comunicativo è interessante il ribaltamento delle accuse: chi sono davvero i vandali? Chi fa teppismo politico? Di chi sono le provocazioni?
Non sono riuscito a risalire esattamente all’anno, credo ci si trovi alla fine degli anni ‘70 come mi ha suggerito Guglielmo Spettante, formidabile memoria storica demoproletaria. Sono comunque gli anni delle auto-riduzioni delle bollette, appoggiate in alcuni casi anche dal sindacato. Gli autonomi, a mo’ di sabotaggio, infilavano i chewing-gum dentro le macchinette obliteratrici. Un periodo storico di grande radicalità: riuscite a immaginare oggi un partito, anche di sinistra-sinistra, che ingaggia una battaglia politica invitando a non pagare il biglietto del metrò?
Arrivederci alla prossima settimana!
Per segnalazioni e spunti, basta replicare alla mia mail (pucciarelli.matteo@gmail.com) o commentare qui sotto.
Grazie Matteo per l'approfondimento sulla situazione spagnola. Peccato che il possibile lavoro di questo governo, unicum in europa, resti schiacciato dall'emergenza.