L'indiano metropolitano #14 - Le Fosse Ardeatine, gli italiani e la razza straniera
Questo è un porto franco in zona rossa
Newsletter numero 14
Nella rivisitazione storica di Giorgia Meloni e della destra, oltre all’ovvia mistificazione del voler ricordare le vittime delle Fosse Ardeatine in quanto italiane, come se insomma fossero state trucidate per la loro nazionalità, ce n'è un'altra altrettanto ignobile e che merita di essere ricordata. Perché oltre ai comunisti e agli antifascisti consegnati dalle autorità italiane (fasciste) di allora ai nazisti occupanti, c'erano decine di ebrei italiani che la Repubblica di Salò identificava però come stranieri a causa della loro fantomatica razza.
Il cosiddetto programma di azione del Partito repubblicano fascista, varato al congresso di Verona del novembre 1943, specificava che
“gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”.
Era il punto 7 di quel manifesto, una sentenza particolarmente infame in linea con le leggi razziali che i neo-post-ex fascisti moderni tendono a rimuovere, o derubricare a incidente di percorso. Coloro che oggi la presidente del Consiglio riabilita furbescamente come italiani, dimenticando come da copione di ricordarne i carnefici - in alcuni casi italiani, pure loro -, non erano considerati tali dai fascisti di allora.
Alessandro Zarfati, Aldo Finzi, Giorgio Di Nepi, Sergio Terracina, Franco, Salomone, Cesare e Santoro Di Consiglio, Mosè Funaro, Lazzaro Anticoli, Angelo Di Castro, Pacifico e Armando Di Segni, Mosè Sonnino, Giacomo Di Porto... Sono solo alcuni dei nomi di cittadini italiani - e lo erano per storia, per origine, per lingua, per abitudini, per orizzonti - che il regime aveva arbitrariamente definito stranieri, stranieri in patria. Quindi nemici. Per citare le parole del segretario del Partito fascista repubblicano Alessandro Pavolini a quel congresso a Verona: “Si sta in questi giorni provvedendo al prelievo dei patrimoni ebraici. Si tratta, non per fare della retorica, appunto di sangue succhiato al popolo italiano. È giusto che questo sangue ritorni al popolo. Mi pare non vi sia migliore via, per farlo tornare al popolo, che quella di provvedere ai bisogni dei sinistrati dai bombardamenti, di coloro che furono colpiti dalla guerra, la cui principale responsabilità risale agli ebrei”.
Per una destra che oggi come allora fonda la propria cultura politica sul concetto di identità, di “Nazione” con la n maiuscola, quella mistificazione di allora
conferma quanto sia sempre fraudolento decidere
chi, come e perché avrebbe il diritto o meno di essere considerato italiano.
Quella storia, anzi questa storia, dimostra quanto siano profondamente disoneste, in Italia come altrove, le politiche nazionaliste, per loro natura basate su un fantasioso e arbitrario concetto di supremazia.
Nel Ventennio, esattamente come oggi, il nazionalismo si fondava sulla riscrittura posticcia della storia. Ebrei italiani da migliaia di anni, probabilmente ancor più degli italiani stessi, erano diventati stranieri; oggi invece serve definirli italiani, per occultare le vere ragioni della loro morte.