L'indiano metropolitano #13 - Vittorie culturali della destra: tutti fascisti, nessuno è fascista
Questo è un porto franco in zona rossa
Rieccoci qui dopo un po’ di tempo di latitanza, grazie per la lettura!
Newsletter numero 13
Antefatto: ieri sulla chat di un collettivo antirazzista una persona ha condiviso la fotografia della scritta a bomboletta apparsa fuori dalla sinagoga di Trieste. Recitava: “Gli ebrei sono i novi fascisti e razzisti”. Era in corsivo, una grafia strana, per questo motivo non riconducibile politicamente. Da lì è partita una serie di commenti tra di noi. L’autore, o gli autori, sono stati “compagni che sbagliano”, gente di estrema destra o un cane sciolto figlio della confusione dei nostri tempi?
Qualcuno ha fatto notare che due giorni fa cadeva la ricorrenza della notte dei cristalli, qualcun altro che in realtà quel corsivo da scuola elementare è spesso utilizzato a Roma da Casapound, io da parte mia ho scritto che ritenevo impossibile - magari invece no - che un qualsiasi appartenente a realtà di sinistra, pure se antagonista, potesse pensare di scrivere una frase del genere fuori da una sinagoga. Sicché uno di noi ha risposto che, se sono stati davvero i neri, “non si identificano nemmeno come fascisti? Non ci sono più i patrioti di una volta…”, cioè che rivendicano quell’appartenenza, invece di scagliarla come accusa ad altri. Era una riflessione giusta - e del resto al momento chi sia o siano stati gli autori non si sa.
Ma l’episodio mi ha fatto riflettere sulla gigantesca, scientifica e fortunata operazione di mistificazione storica e culturale che la destra ha intrapreso negli ultimi anni, il cui risultato è sotto i nostri occhi: perché se tutti siamo fascisti nessuno è fascista, e se nessuno è fascista i fascisti veri non fanno più paura a nessuno. E difatti ormai da anni i (neo, post)fascisti entrano ed escono serenamente dal governo, destando di volta in volta sempre meno preoccupazione. Adesso gli eredi di quella storia il governo lo guidano direttamente.
L’aggettivo fascista, quindi. Fino a qualche decennio fa era generalmente considerato un insulto e al contempo un vessillo identitario per pochi realmente appartenenti all’estrema destra. Un fascista missino, o del Fronte della gioventù, non l’avrebbe utilizzato come un insulto contro gli avversari, ritenendolo un tratto distintivo, affettivo, culturale della propria appartenenza politica. I fascisti erano tenuto fuori dall’arco costituzionale, confinati ai margini, proprio perché ritenuti pericolosi - quali in effetti erano, basti pensare alla stagione delle stragi.
Nel corso del tempo però le cose sono cambiate. Il celebre vittimismo sempre coltivato dall’estrema destra ha prodotto e reso senso comune alcune espressioni e artifici retorici come “il fascismo degli antifascisti”, “i veri intolleranti siete voi” e dunque “ecco i veri fascisti”. Manifesti contro un convegno dell’estrema destra in università? Ecco-i-veri-fascisti che impediscono agli altri di parlare! Contesti le celebrazioni nostalgiche nei cimiteri dove sono sepolti i repubblichini? Ecco-i-veri-fascisti che non vogliono far commemorare dei morti! Denunci espressioni razziste e xenofobe? Ecco-il-vero-fascista che vorrebbe imporci cosa pensare!
Questo gioco degli specchi e di ribaltamento della realtà è stato e rimane finalizzato a mimetizzare o comunque normalizzare chi fascista lo è davvero. Se i comunisti sono dei “fascisti rossi” - constatazione ridicola, eppure ormai largamente adottata anche da sedicenti liberali come dato di fatto -, se le norme che hanno provato a gestire la pandemia erano dittatura sanitaria e nuovo fascismo, se le misure che penalizzavano i non vaccinati erano accostate alle leggi razziali fasciste, se i pacifisti sono collaborazionisti del fascista Putin, se “gli ebrei” oggi sono i nuovi fascisti, sul terreno rimane una enorme confusione di simboli, identità e culture non solo politiche che depotenzia il significato stesso di quella parola.
Questo sta avvenendo non a caso in un momento storico particolare, cioè di egemonia culturale della destra. Questa egemonia è frutto - anche - della banalizzazione dell’insulto “fascista” e della condanna comoda e furba dei totalitarismi-di-segno-opposto. Così oggi assistiamo al riemergere del nazionalismo più retrivo e pittoresco, del militarismo, della richiesta di legge e ordine (non quando si tratta di questioni fiscali) con il tentativo di soppressione del conflitto e delle culture alternative, dell’ostilità verso lo straniero (spezzeremo le reni alla Francia?) e della crudeltà se è povero e migrante. È il fascismo sotto i nostri occhi, sono i disvalori che lo hanno sempre contraddistinto e che ritroviamo azione di governo.
Un grande merito per questo sdoganamento fattuale del fascismo che non vuole definirsi tale ma che nei fatti lo è dovrebbe prenderselo Matteo Salvini, arrivato a stringere relazioni con l’estrema destra e propugnare le peggiori teorie complottiste, xenofobe e antisemite di quel mondo; la sua origine politica non riconducibile all’album di famiglia neofascista - basti pensare che si definiva “comunista padano” in gioventù… - ha facilitato l’assunzione di queste pillole ideologiche, che nel frattempo hanno definitivamente infestato l’opinione pubblica.
“Sono passati settanta anni, guardiamo oltre”.
“Non mi importa se sia fascista, l’importante è che faccia qualcosa per noi”.
“Destra e sinistra non esistono più”.
“Fascismo e comunismo, opposti estremismi”.
“Comunque anche i partigiani hanno ucciso persone innocenti”.
“I veri fascisti siete voi”.
“Pensate solo agli stranieri, i razzisti siete voi”.
Ripeti per anni e anni questo insieme di frasi fatte e qualunquiste, mischiale con lo smarrimento ideologico della sinistra che caduto il muro di Berlino ha abbandonato la propria ragione sociale (socialista), l’esito è cronaca.
Arrivederci alla prossima newsletter!